Allora la vita si è riunita
Violoncellista e direttore d'orchestra, difese pubblicamente Solzenicyn nella Russia sovietica e perse così la cittadinanza e fu esiliato. A sorpresa, come un comune musicista di strada, eseguì la suite per violoncello di Bach davanti al muro di Berlino mentre veniva abbattuto. Si schierò apertamente, rischiando ancora in prima persona, contro il tentato colpo di stato nei confronti di Gorbaciov. Per il suo impegno a favore dei diritti umani nel marzo dell'anno scorso l'Università di Bologna gli ha conferito la laurea ad honorem in Scienze politiche
«Il
muro ha diviso la mia vita in due e ha lacerato il mio cuore. Ho sempre suonato
nella parte orientale di Berlino, quella sovietica. Ma da quando sono stato
cacciato, ho potuto suonare solo nella parte ovest, senza più poter tornare di
là. Al crollo del muro, però, la mia vita si è riunita». L’immagine di
Mstislav Rostropovich, lo straordinario violoncellista e direttore d’orchestra
russo morto al termine di una lunga malattia lo scorso 27 aprile, rimarrà per
sempre legata ad una foto famosa in tutto il mondo: lui che suona il suo violoncello
davanti al muro di Berlino che si sgretola. Era l’11 novembre 1989. «Ero a
Parigi quando arrivò la notizia. La mattina dopo partii subito e all’aeroporto
di Berlino presi un taxi per correre al Muro. Mi misi a suonare un brano di
Bach per violoncello solo, seduto su una sedia chiesta in prestito al portiere
di un edificio. Attorno a me si radunò una piccola folla, ma io non suonavo per
loro, suonavo per me stesso, per esprimere a Dio la mia gratitudine».