L'artista dissidente cinese Ai Weiwei, raccontando la nascita del suo blog (oscurato dalle autorità cinesi nel 2009, due anni prima che l'intellettuale venisse incarcerato e, in seguito, dopo una mobilitazione internazionale, messo agli arresti domiciliari), dice: «Nei primi post ho dichiarato che l’obiettivo del blog era l’esperienza stessa, senza bisogno di uno scopo particolare. Ora che abbiamo questa tecnologia la si può usare direttamente, anche, fino a un certo punto, senza pensarci troppo, senza doverne necessariamente estrarre un significato. È qualcosa che solo oggi è possibile. Se fosse avvenuto prima, non avremmo visto i disegni di Leonardo da Vinci o di Degas. Avrebbero avuto tutti la macchina fotografica. Il mio primo post era solo una frase del tipo: "Abbiamo bisogno di uno scopo per esprimerci, ma la nostra espressione ha già in sé il suo scopo". Un po’ come l’idea che, per imparare a stare a galla, ci si debba buttare in acqua».
“La musica bagna le coste del pensiero. Solo chi non ha una terra ferma abita nella musica”. (Karl Kraus)
Io e la musica. Incontro con Sonia Bergamasco
Io e la musica. Incontro con Sonia Bergamasco
venerdì 31 agosto 2012
giovedì 23 agosto 2012
domenica 19 agosto 2012
Mare dentro
un desiderio nell'incontro.
Un bacio accende la vita
con il fragore luminoso di una saetta,
il mio corpo cambiato
non è più il mio corpo,
è come penetrare al centro dell'universo.
L'abbraccio più infantile, è il più puro dei baci,
fino a diventare un unico desiderio.
Il tuo sguardo, il mio sguardo,
come un'eco che ripete senza parole:
più dentro,
più dentro,
fino al di là del tutto,
attraverso il sangue e il midollo.
Un bacio accende la vita
con il fragore luminoso di una saetta,
il mio corpo cambiato
non è più il mio corpo,
è come penetrare al centro dell'universo.
L'abbraccio più infantile, è il più puro dei baci,
fino a diventare un unico desiderio.
Il tuo sguardo, il mio sguardo,
come un'eco che ripete senza parole:
più dentro,
più dentro,
fino al di là del tutto,
attraverso il sangue e il midollo.
Però sempre mi sveglio,
e sempre voglio essere morto,
per restare con la mia bocca
preso nella rete dei tuoi capelli.
Ramòn Sampedro
e sempre voglio essere morto,
per restare con la mia bocca
preso nella rete dei tuoi capelli.
Ramòn Sampedro
mercoledì 15 agosto 2012
martedì 7 agosto 2012
... chiacchierate con un mito....
Herbie Hancock
... e omaggiate un grande...
Roberto Leydi
Buddismo e Società n.104 maggio giugno 2004
Herbie Hancock
... e omaggiate un grande...
Roberto Leydi
Buddismo e Società n.104 maggio giugno 2004
Omaggio a Roberto Leydi
Il fondatore della moderna etnomusicologia italiana
di Anna Cepollaro
Ha insegnato al Dams di Bologna fin dalla sua costituzione. Critico musicale dell’Avanti e dell’Europeo, ha avuto un ruolo fondamentale nella nascita del folk revival italiano, riscoprendo la musica di tradizione orale. Nella sua lunga carriera di saggista, ricercatore e docente, ha collaborato con Luciano Berio, Dario Fo, Moni Ovadia
Li hanno chiamati selvaggi, poi primitivi e infine, per cercar di togliere ogni accezione negativa o spregiativa, "gli altri". Gli altri, cioè quelli comunque diversi da noi, per aspetto fisico ed eredità culturale, i popoli di altri continenti che l'Europa ha incontrato e poi dominato, facendone oggetto d'osservazione e di studio anche per i suoi interessi coloniali. Ma "altri" vivono anche fisicamente accanto a noi: sono quelle donne e quegli uomini, marginali rispetto alla cultura delle egemonie o da essa esclusi, che formavano un tempo la plebe, o il popolino, o il volgo e che oggi si preferisce raccogliere entro concetti ora astratti, ora convenzionali e ora ideologici di popolo, o di mondo popolare, o di classi popolari, o magari di classi subalterne». Nell'introduzione al libro L'altra musica, Roberto Leydi indica il percorso che lo ha portato a ribaltare la prospettiva culturale, nella quale, per una volta almeno, sono i "bianchi", i depositari della tradizione colta, ad essere gli "altri".
Roberto Leydi, nato nel 1928, fondatore della moderna etnomusicologia italiana, che ha insegnato al DAMS di Bologna fin dalla costituzione del corso di laurea, ci ha lasciato una sera di febbraio di un anno fa. Aveva settantacinque anni. Discreto e ridondante insieme, il riserbo lo ha accompagnato nella vita, nel lavoro e anche in questo ulteriore tragitto (e certo lui l'avrebbe notato, ironico). Infatti, quello stesso 15 febbraio in tutto il mondo scendevano in piazza migliaia di persone per manifestare per la pace e, come Umberto Eco ha sottolineato in un suo articolo, i giornali non parlarono che di questo, accorgendosi solo qualche giorno dopo che, in silenzio e senza clamori, era andato via un personaggio davvero particolare e indimenticabile. Eco ricorda anche che Roberto, suo grande e vecchio amico, gli aveva detto un giorno: «Non bisogna mai morire di ferragosto, non se ne accorge nessuno».

Li hanno chiamati selvaggi, poi primitivi e infine, per cercar di togliere ogni accezione negativa o spregiativa, "gli altri". Gli altri, cioè quelli comunque diversi da noi, per aspetto fisico ed eredità culturale, i popoli di altri continenti che l'Europa ha incontrato e poi dominato, facendone oggetto d'osservazione e di studio anche per i suoi interessi coloniali. Ma "altri" vivono anche fisicamente accanto a noi: sono quelle donne e quegli uomini, marginali rispetto alla cultura delle egemonie o da essa esclusi, che formavano un tempo la plebe, o il popolino, o il volgo e che oggi si preferisce raccogliere entro concetti ora astratti, ora convenzionali e ora ideologici di popolo, o di mondo popolare, o di classi popolari, o magari di classi subalterne». Nell'introduzione al libro L'altra musica, Roberto Leydi indica il percorso che lo ha portato a ribaltare la prospettiva culturale, nella quale, per una volta almeno, sono i "bianchi", i depositari della tradizione colta, ad essere gli "altri".
Roberto Leydi, nato nel 1928, fondatore della moderna etnomusicologia italiana, che ha insegnato al DAMS di Bologna fin dalla costituzione del corso di laurea, ci ha lasciato una sera di febbraio di un anno fa. Aveva settantacinque anni. Discreto e ridondante insieme, il riserbo lo ha accompagnato nella vita, nel lavoro e anche in questo ulteriore tragitto (e certo lui l'avrebbe notato, ironico). Infatti, quello stesso 15 febbraio in tutto il mondo scendevano in piazza migliaia di persone per manifestare per la pace e, come Umberto Eco ha sottolineato in un suo articolo, i giornali non parlarono che di questo, accorgendosi solo qualche giorno dopo che, in silenzio e senza clamori, era andato via un personaggio davvero particolare e indimenticabile. Eco ricorda anche che Roberto, suo grande e vecchio amico, gli aveva detto un giorno: «Non bisogna mai morire di ferragosto, non se ne accorge nessuno».

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