Io e la musica. Incontro con Sonia Bergamasco


Io e la musica. Incontro con Sonia Bergamasco

martedì 4 settembre 2012

Un altro modo

Qui ci vuole trasparenza

da Three Mile Island a Fukushima

di Anna Cepollaro

In occasione della prima rappresentazione italiana di un'opera sulla vita dello scienziato che è riuscito a stabilire la verità sull'incidente nucleare di Three Mile Island, un coro di voci autorevoli si pronuncia, in una tavola rotonda, sulla necessità di una informazione veritiera quando ci sono in gioco la salute e la vita umana

Shirin Ebadi, Premio Nobel per la Pace 2003
(foto Luis Rosario)
«Il disarmo nucleare universale è la fine della corsa verso la morte» afferma il premio Nobel per la Pace 2003 Shirin Ebadi. L'avvocata iraniana, prima donna musulmana ad aver ricevuto il Nobel, è intervenuta alla tavola rotonda "La cortina di fumo. Incidenti e contaminazioni nucleari: quale informazione?", che si è tenuta il 21 maggio scorso nel foyer del Teatro India di Roma.
L'occasione del dibattito è stata la prima rappresentazione italiana di Three Mile Island, la nuova opera del compositore Andrea Molino, che parla della «necessità che arte e cultura ritornino a occuparsi direttamente e senza metafore o finzioni dei temi fondamentali per la condizione umana».
«Nonostante le apparenze - precisa Guido Barbieri, che firma testo e drammaturgia - Three Mile Island non è un atto di accusa contro l'utilizzo delle centrali nucleari. È piuttosto la parabola di uno scienziato che grazie alla sua ostinazione, al suo rigore, al suo metodo di indagine è riuscito a stabilire una verità semplice e incontestabile».
Una vicenda di realtà nascoste, di evidenze negate, di ingiustizie commesse in nome di convenienze politiche ed economiche, attraverso la storia di uno meteorologo dell'Università di Vienna, Ignaz Vergeiner. Tutto inizia quel 28 marzo 1979. Per la prima volta la fiducia nella promessa di progresso che l'energia nucleare porta con sé vacilla, quando nella centrale nucleare di Three Mile Island, un'isoletta di tre miglia quadrate situata lungo il fiume Susquehanna in Pennsylvania, si apre una crepa nel reattore n. 2. Le autorità minimizzano, anche se le persone stanno male e gli animali muoiono. La popolazione viene evacuata solo dopo tre giorni. Ma è troppo tardi: ancora oggi il tasso di leucemia nella contea è tre volte superiore alla media nazionale.


Tavola rotonda al Teatro India di Roma
(foto Luis Rosario)



Buddismo e Società n.154



«L'idea del progetto risale a più di dieci anni fa, quando il mio amico Ignaz mi chiese di girare un documentario sull'incidente nella centrale nucleare - racconta il giornalista tedesco Karl Hoffmann che ha curato il materiale video -. Quando lui si ammalò di tumore nel 2006, cominciai a girare interviste ai testimoni e alle vittime di una gravissima contaminazione da materiale radioattivo sempre negata dai rappresentanti politici, scientifici e dal gestore dell'impianto. Noi siamo esecutori del suo testamento scientifico: bisogna fare giustizia e dire tutta la verità su Three Mile Island. È quello che mi ha chiesto Ignaz prima di morire».
«Infatti - afferma Shirin Ebadi - la vera priorità è la trasparenza: è la cosa più importante da fare per salvare l'ambiente. Sia per Chernobyl che per Fukushima le informazioni diffuse ufficialmente non erano complete. La scusa dei governi è di non fare preoccupare la popolazione. Ma è meglio morire tranquilli oppure vivere informati? Dove non c'è democrazia, fare informazione è molto difficile. In Iran sono quattro anni che il regime vieta ai media di scrivere dell'energia nucleare: solo dichiarazioni ufficiali, perché non esca fuori l'opinione della gente, contraria alla nuova centrale».
Il premio Nobel ricorda che l'Iran avrebbe molte possibilità di usare energia alternativa. «È un paese pieno di sole e non investe in energia solare. Il nord è molto ventoso e non ci sono centrali eoliche. Per giunta l'Iran si trova su una faglia sismica e sono frequenti i terremoti: e se accadesse ciò che è successo a Fukushima? E le scorie radioattive dove vengono seppellite? Noi non abbiamo nessun bisogno del nucleare, perché il nostro è il secondo paese per gas naturale e per petrolio. Il mio augurio è che tutte le centrali nucleari del mondo vengano chiuse».
Riguardo all'informazione nel suo paese, Shirin Ebadi sostiene che, in realtà, gli iraniani «non sono d'accordo con il governo né sul nucleare né sulle politiche estere. Da più di un anno il nostro governo manda in Siria soldi e armi per combattere contro la popolazione. Alcuni militari iraniani che avevano fatto un video sono stati arrestati. La violazione dei diritti umani è a livelli altissimi: i giornalisti finiscono in carcere e l'uso di Internet è molto limitato, tanto che il governo ha il progetto di avviare un Internet iraniano».
Dalla piccola isola americana, la "corsa verso la morte" - contrariamente alle previsioni degli standard di sicurezza per i reattori di seconda generazione di un incidente grave ogni duecentocinquanta anni - porta prima a Chernobyl nel 1986 e poi, lo scorso anno, a Fukushima.
Alla tavola rotonda c'era Junko Kusumoto, del Movimento delle donne di Fukushima, per parlare delle conseguenze delle radiazioni emesse dalla centrale nucleare danneggiata dal terremoto dell'11 marzo 2011, delle madri che hanno dovuto familiarizzare con i con­ta­tori Gei­ger per controllare il grado di contaminazione dei loro figli, di quelle donne che, come il ciclo completo della gravidanza secondo la tradizione giapponese, per dieci mesi e dieci giorni si sono mobilitate davanti ai palazzi del potere.
Junko lavora come interprete nel nostro paese. «Quando è successo ero in Italia. Mi sono subito chiesta cosa potessi fare. Le zone colpite erano in isolamento completo ma, sperando che qualcuno laggiù potesse ancora aprire un computer, ho contattato più di centocinquanta persone in ogni dove attraverso il mio blog. Le risposte dalla zona terremotata sono state immediate: mi parlavano del dolore, della paura, e mi informavano delle loro necessità. E io giravo le loro richieste a chiunque fosse disposto a portare aiuto. Finalmente, in maggio, sono riuscita ad arrivare a Fukushima e ho lavorato con i volontari per distribuire gli aiuti provenienti da tutto il mondo. La situazione non era composta e inappuntabile come descritta dai media: anche dopo essere state trasferite nelle case provvisorie, le persone erano demoralizzate, una disperazione che ha portato qualcuno perfino al suicidio. C'erano poi bimbi ai quali lo tsunami aveva portato via anche i libri di scuola, così, attraverso il blog, abbiamo comprato circa trecento libri, nuovi, perché eravamo stanchi di roba usata...».
La situazione attuale, oltre al disagio e alla preoccupazione, si tinge anche del colore della delusione.
«Credevamo di vivere in democrazia e che il paese fosse del popolo - continua Junko -. Invece, la completa mancanza di trasparenza nelle informazioni costringe i superstiti ad accamparsi davanti ai ministeri per sapere cosa ne sarà delle loro vite. E poi c'è la questione della gestione del materiale radioattivo, oltre a quello chimico delle altre fabbriche distrutte dal terremoto. Il governo quasi costringe molte zone del Giappone a smaltire le scorie, e così la contaminazione si diffonde. La gente protesta, ma le autorità non ascoltano. Quale paese disgraziato siamo, al punto che le vittime, per farsi sentire, devono fare lo sciopero della fame?!».
Infine, ogni parola detta prende corpo, e ha il viso di Ruiko, una delle madri di Fukushima, che attraverso un video girato a pochi giorni dal disastro, dichiara: «Non osate trattarci da stupidi. Noi cittadini di Fukushima ci stiamo alzando da soli».



1 commento:

  1. Cara Anna,

    ecco i link del video documentario realizzato dallo ZKM in occasione della prima mondiale di "Three Mile Island" al Centre for Arts and Media di Karlsruhe, 29.3.2012

    www.youtube.com/watch?v=BMwvEsSDhTw
    https://vimeo.com/45139702

    www.andreamolino.net

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